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TimeOutDalle parole di Angelo Conti, all’indomani del riconoscimento della FIP, la differenza tra la Pallacanestro Europea ed il Basket Americano, giocata attorno alla regola del TimeOut.

Ho sempre pensato che la Pallacanestro Italiana fosse molto diversa dal Basket Americano. La convinzione di ciò mi viene da ricordi e racconti di un recente passato, dalla consapevolezza che il nostro, oltre ad essere uno sport profondamente diverso dagli altri per tatticità ed equilibrio, è uno sport giocato secondo schemi e teorie che si evolvono e vengono disegnate sui giocatori grazie alle capacità degli allenatori ed alla loro preparazione ed esperienza.

Alcuni tecnicismi che qualcuno definirebbe “inutili” e responsabili di perdita di dinamicità del gioco, hanno spesso portato a casa risultati considerevoli.

Ma la logica del nuovo basket italiano sta prendendo una piega a stelle e strisce.

I ragazzi impegnati nei settori giovanili, vivono un sogno inverso, crescono non con un sogno tricolore, ma con la voglia di giocare oltreoceano.

Non che questo non sia lecito o irrealizzabile, ma manca il sano desiderio di aspirare a vestire i colori delle squadre della nostra prima serie per onorare l’azzurro nelle competizioni europee e mondiali. Questo si riflette anche in campo. Si fa fatica a capire che il gioco è gioco di squadra, che va bene il singolo, ma le dita di questa mano che da sole non possono afferrare la vittoria, sono 5.

E cinque sono le nuove variazioni del regolamento FIBA che entrerà in vigore dal 1° ottobre 2014. Mi voglio soffermare sul Timeout. Importante momento, a volte decisivo dal punto di vista tattico e motivazionale, che può cambiare il corso della gara.

La nuova regola : “2 time out nei primi 20′, 3 time out durante gli ultimi 20′ con un massimo di 2 negli ultimi 2′; 1 time out durante ogni supplementare”

Ho chiesto un parere ad un “uomo di basket” con una carriera ventennale come dirigente nel panorama nazionale del basket femminile in Club come Parma (serie A1), Udine (tra serie B e A2), Bari e Cesena (con cui ha vinto uno scudetto, una Coppa dei campioni e una Coppa Ronchetti) e maschile a Latina nel 2009 e San Severo nel 2010, ambedue militanti in Lega A2. Ha ricevuto in questi giorni, all’interno dei “Basket Awards 2014”, organizzato dal Comitato Regionale FIP-Lazio, una Targa d’Onore dalla Federazione Italiana Pallacanestro per il suo impegno e passione speso in questo sport.

Angelo Conti, tu hai una visione globale e non direttamente coinvolta dal ruolo. Troppo facile sarebbe stato rivolgere questa domanda ad un coach. Tu sei un esperto di basket che riesci a cogliere con un occhio “globale” il cambiamento che tali regole andrebbero ad alimentare. Cosa ne pensi?

“L’introduzione della regola del Timeout è sicuramente una sorpresa piacevole soprattutto per evitare che negli ultimi minuti il tempo venga continuamente interrotto, per guadagnare ulteriore spazio a discapito del gioco e della sua capacità di emozionare il pubblico. Noi giochiamo la pallacanestro europea; quella americana è un’altra cosa. L’introduzione di questa regola potrebbe inserirsi come “invenzione tattica” notevole, garantendo il giusto pathos finale agli incontri che si allontanerebbero dalle logiche del basket americano, esasperate da timeout e interruzioni pubblicitarie.

Pensi che siamo distanti dal modello NBA americano? cosa ci contraddistingue e cosa dobbiamo alimentare?

“Siamo in Europa. La nostra mentalità è tattica. Indubbiamente, negli ultimi 20 anni, sono cambiate le fisicità ma, fondamentalmente, la Pallacanestro Italiana rimane uno sport fatto di schemi e ruoli. Questo non traspare solo nei campionato senior: anche nella formazione delle giovanili si coltiva la parte tattica e teorica, che va ad integrarsi, in ogni caso, con un maggior lavoro fisico.”

Fisicità e tecnica. Questi sono i due ingredienti da fondere. La mano dalle 5 dita proviene dalla famosa citazione di coach Mike Krzyzewski. E’ una frase semplice che si tramanda ai giovani per far capire il senso del gioco della pallacanestro, il senso di spirito di squadra e della forza che ne scaturisce rispetto alle singole dita. E’ una frase da non dimenticare mai, nemmeno quando bambini non si è più.

Articolo pubblicato su www.basketnet.it

 

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