Storie di donne, di sport e FairPlay. Intervista a Giulia Bezzi -

Oggi vi racconto una storia che somiglia ad un gioco ed ha tante, tantissime metafore con lo Sport. Quando ho intervistato Giulia Bezzi mi è subito venuto in mente un episodio del recente passato legato alle Olimpiadi di Rio. Una storia che racchiude in sé tutto lo spirito sportivo.

Rio 2016. Semifinale 5000 metri donne. La neozelandese Nikki Hamblin rovina a terra e coinvolge nella caduta anche Abbey D’Agostino, atleta statunitense che si procura una forte distorsione al ginocchio. Parliamo di una gara olimpica, non dell’allenamento della settimana. Parliamo di un ciclo di gare alle quali un atleta si prepara per anni! Abbey potrebbe arrabbiarsi con Nikki invece non lo fa: si rialza e aiuta anche Nikki a rialzarsi pur non essendo una sua amica o conoscente. Ricominciano a correre, facendosi forza l’una con l’altra. Abbey si è seriamente compromessa il ginocchio ma Nikki, riconoscente del primo gesto, non la abbandonerà per tutto il resto del percorso e, con lei, taglierà il traguardo e porterà a termine la gara. Arrivano ultime, strette in un lungo abbraccio ma il Comitato Olimpico Internazionale le ammetterà comunque alla finale per aver incarnato in quel gesto il vero spirito sportivo.

Noi donne non sempre siamo animate da rivalità e le vere grandi vittorie, rispetto anche alla nostra delicata esistenza, le otteniamo quando ci sosteniamo, quando facciamo gruppo, quando sogniamo insieme.

 

IL PROGETTO LE ROSA di Giulia Bezzi

Il progetto Le ROSA di Giulia Bezzi parte da questo: da un profondo fairplay e spirito di squadra che unirà le donne di tutta Italia, provincia per provincia.

“L’obiettivo è quello di creare progetti e azioni concrete sulle tematiche del sostegno, formazione trasversale e business nel gruppo. Poter collaborare con i Comuni e le Province, a prescindere dal partito politico, per suggerire dove lavorare al meglio per dare risposte concrete a noi donne e, di conseguenza, a tutta la comunità”

L’ho intervistata Giulia. Rappresento Le ROSA sul mio territorio ed io, che credo fortemente nella squadra e nel lavoro in team, non potevo perdermi, da giornalista, questa occasione.

L’INTERVISTA

Giulia tu sei una donna vulcanica ma hai anche un lato molto razionale. Sei insieme creatività e rigore: quale spirito ti ha guidato nel creare Le ROSA e perché questo nome?

​L’egoismo, la mia necessità più grande: conoscere il mio territorio al meglio, avere dei servizi che ora mancano, crescere business a casa per poter seguire la mia famiglia invece di spostarmi, sempre in tutta Italia. Ho pensato come Donna, non sono una femminista convinta ma, dopo essere stata a “mamme in parlamento” a Roma (tu lo ricordi tanto quanto me) e aver riletto dei dati strazianti sulla nostra condizione, mi sono detta che volevo e potevo fare di più.

Le ROSA perché racchiude dei concetti a me cari, il fiocco della mia Emma quand’è nata, un colore tenue che racchiude la sensibilità di noi donne, un’icona culturale che richiama velocemente l’appartenenza e il sesso del gruppo, e poi sono innamorata del Piccolo Principe e dei profondi concetti che si nascondevano dietro la cura della sua rosa.

Ogni Provincia con le sue ROSA, ognuna con un nome e un cognome, una professione e un’esigenza. Insieme, invece, per poter esaudire qualche desiderio in più e crescere tra ROSA senza invidia e senza danno. ​

Le Rosa è un progetto ben definito: risiede nella tua testa e nel tuo cuore. Solo tu puoi raccontarlo e lanciare i dadi per questa sfida. Fai la prima mossa. Svelaci il percorso.

​Il percorso era stato inizialmente pensato per Padova e provincia, quando ho visto invece che c’erano altre esigenze, non solo della mia Provincia, ho pensato in grande.

L’obiettivo è quello di creare progetti e azioni concrete sulle tematiche del sostegno, formazione trasversale e business nel gruppo. Poter collaborare con i Comuni e le Province, a prescindere dal partito politico, per suggerire dove lavorare al meglio per dare risposte concrete a noi donne e, di conseguenza, a tutta la comunità.

Sostegno attraverso la famiglia, la ricerca del lavoro e del benessere psicofisico.

Formazione trasversale per darci modo di crescere personalmente nel nostro lavoro ma, anche, nei nostri interessi.

Business nel gruppo, creare la possibilità di accogliere esigenze e vedere se possiamo soddisfarle con “Le ROSA” del gruppo, per poter facilitare il territorio.

Tutto questo attraverso un controllo delle attività, dei formatori e di chi offre il proprio contributo in termini di business. Un modo di tutelare il gruppo e renderlo sempre più ricco di progetti realizzati e di grande qualità per tutti i settori di cui il gruppo ha bisogno.

Infine, sto creando delle regole per poter collaborare anche con la Provincia limitrofa, sia perché essendo vicina potrebbe avere simili esigenze che perché anche solo per questione di trasporti e viabilità si è collegate. Ci sono donne che si spostano costantemente da una provincia all’altra e conoscono meglio il luogo in cui lavorano che quello in cui risiedono. Diventa importante, quindi, dar voce anche a loro seppur residenti nella provincia vicina.

Per fare questo, ovviamente, serve tanto lavoro e tanta voglia di crederci. Il gruppo chiuso su Facebook è il luogo di ascolto delle esigenze, di comunicazione dei calendari di attività e di progetti e il punto di ritrovo per conoscerci meglio e aiutarci l’un l’altra.

Sto studiando con il gruppo di partenza la miglior formula per realizzare tutto questo. Le Provincie stanno crescendo, il bisogno esiste, la formula gruppo + progetti concreti sul territorio sembra essere vincente. Ora devo regolamentarla e vedere veramente chi crede ne “Le ROSA”.​

Un progetto tutto al femminile. Ne hai delineato le forme e gli obiettivi. Ora parliamo delle donne a cui ti rivolgi: quali caratteristiche empatiche dovrebbero avere le donne che vorresti aggregare al progetto e cosa ti aspetti che facciano di concreto?

  • ​Voglia di fare squadra, assenza di invidia e competizione.
  • Voglia di vedere realizzati progetti che possono davvero fare la differenza.
  • Voglia di crescere invece che lamentarsi.
  • Senso civico e grande altruismo.

Ovviamente ci devono essere dei vertici, regolamenti e indicazioni precise: il caos non aiuta per niente. Ma la mia idea è che i vertici siano al servizio del gruppo e se il gruppo non si sente una comunità, non collabora, non contamina le altre di positività il mio progetto fallisce.

Ho visto un milione di volte il nostro bruttissimo modo di “collaborare” con le altre donne. Per me è anche ora di dire BASTA. Non invidio nessuno e, quando vedo qualcuno che ha avuto il successo che avrei voluto io, mi interrogo su come potrei fare altrettanto.

Non entro in competizione di natura, ero una di quelle che ai giochi della gioventù quando vedeva che l’amica che teneva tanto al podio era dietro di lei, rallentava per farla passare.

Se ad entrambe piaceva lo stesso ragazzo, piuttosto che entrare in competizione, mi facevo da parte. Non mi sono mai pentita di essere così, penso che i meriti si possano mostrare senza sgomitare male.

Qui è la comunità che deve vincere, è il senso civico e la voglia di vederci delle vere opportunità in tutti i sensi. Sono convinta che piccoli progetti realizzati insieme siano il modo migliore per scardinare i luoghi comuni sulla mancanza di collaborazione sana tra donne. Sarà utopica ma non sono certo una che si ferma alla prima difficoltà.  

Se ci sono donne come me e te (che hai subito chiesto di fare parte del progetto attivamente come fondatrice addirittura) che vogliono partecipare, allora vuol dire che avevo ragione io: possiamo essere immense quando lo crediamo davvero!

Latina è una delle prime bandierine poste su questa mappa che si declina per tutto lo stivale. Quante siamo e quante città sono state coinvolte fino ad ora?

​Le donne che hanno aderito sono, numero più numero meno, 2.000: Padova, Mantova, Roma, Latina, Treviso, Pescara e mi è stato chiesto Venezia, Torino e Bari.

La prima cena sarà il 28 luglio per il gruppo di Padova, poi il 22 settembre sarò a Roma e la prima di ottobre a Mantova. Spero di incontrare molte moltissime donne e insieme fare la differenza.

Vorrei dirti l’ultima cosa, spesso mi arrivano messaggi in cui mi si dice che sono un esempio da seguire, sono una persona troppo energica e che magari esistessero tante persone come me. La mia risposta è ESISTONO GIÀ, tutti noi siamo così, dobbiamo solo pensare a rendere concreti i nostri sogni e usare la nostra energia per realizzarli. Il gruppo aiuterà quando mancheranno le forze…ecco di cosa ho bisogno io.

 

 

Ringrazio Giulia. Lo so che vi è rimasto un dubbio. Com’è andata a finire a Nikki Hamblin: l’atleta neozelandese dei 5000 è stata premiata per la sportività con la Medaglia al Valore: un riconoscimento assegnato solo 17 volte nella storia delle Olimpiadi. Incredibile vero? Noi donne siamo capaci di imprese impossibili!