Le donne nello sport e il mestiere di scrivere -

Quando racconto alle persone il mio lavoro, spesso non credono sia possibile che una donna si occupi di sport. Vero. Mi rendo conto che, per convenzione e per tradizione, lo sport raccontato, sia sempre stato un mestiere da uomini.

Mi piace frequentare lo stesso bar la mattina e lo faccio da moltissimi anni. Stringo relazioni in uno dei posti eletti e dedicati alle conversazioni più disparate. Al centro sempre lui: lo sport. Io ascolto in silenzio, non intervengo mai. Sono lì nel mio angolo abituale e fingo di pensare ai fatti miei ma, in verità, faccio tesoro di ogni frase e ogni commento: è in questi momenti che riesco ad imparare cosa vuole la gente, quali siano le notizie che l’audience cerca quando sfoglia la Gazzetta dello Sport o quando naviga in rete in cerca di notizie da leggere mentre è in treno.

L’ascolto delle conversazioni è una delle pratiche del mio mestiere e, grazie alla mia sana abitudine di far colazione al bar, inizio a lavorare prestissimo la mattina

Delle persone che incontro, qualcuna conosce il mio mestiere, altre no ed io sono abbastanza schiva dal raccontare senza filtri quello che faccio per vivere. Poi rifletto e mi ritrovo a pensare che le cose belle vanno raccontate e quello che una donna come me ha la fortuna di vivere, in campo e fuori dal campo, deve trovare una voce. Non avete idea di quante donne gravitino attorno allo sport. E non parlo solo delle giornaliste che vedete in TV come Ilaria D’Amico e Paola Ellisse. Parlo delle donne che, a qualsiasi titolo, lavorano nei team delle società sportive, dal calcio al basket, dalla pallavolo al nuoto.

Le ritroviamo nelle agenzie che si occupano dell’immagine degli atleti, come Cristina Gatti di Get Sport Media, oppure come, Graziella Bragaglio, ex Presidente della Lega Nazionale Pallacanestro e Presidente della Leonessa Basket Brescia. Altre, come le donne arbitro, sono in campo accanto agli atleti e sono sempre più numerose: il loro è un compito importantissimo perché devono garantire il rispetto delle regole per il corretto svolgimento della gara, e spesso devono avere a che fare con uomini! Poi ci sono le donne che lavorano nei settori giovanili del mio sport, la pallacanestro, che allenano, che portano avanti le società sportive di provincia come Simonetta Tesori con la Fortitudo Cisterna e quelle che sono la vera anima dei team più blasonati come Loredana Valentini dell’Eurobasket Roma. Vi potrei fare un elenco interminabile, pieno zeppo di nomi più o meno importanti, ma questo diverrebbe un articolo più simile ad un database ed ho smesso di usare Access da molto tempo.

Quello che cerco di ripetere a me stessa è che noi donne di sport abbiamo scelto questo mestiere che è diventato la nostra stessa vita. A volte è bastato un nulla, una storia sportiva a legare noi stesse, indissolubilmente, a questo mondo. Io ho cominciato con una storia triste che mio padre, tifoso dell’Inter da quando era poco più che un bimbetto, mi raccontava. Era la storia del padre di Sandrino Mazzola, Valentino, morto nella tragedia di Superga il 4 maggio 1949. Non l’ho capito subito ma, con il tempo, ho realizzato che avrei voluto raccontare anche io ai miei figli, le imprese degli uomini e delle donne di sport

Chiudo questo articolo mentre fuori è notte. Non ho partite questa settimana ma sono già in preparazione per i tornei estivi e ho appena finito di consegnare alla stampa il mio libro per la Hoepli, bellissimo, in cui parlo del mio mestiere. Se potessi raccontare una storia a mia figlia, stasera, le sussurrerei la mia, per darle tutta la motivazione necessaria per non arrendersi mai: come un vero atleta.

(foto di copertina a cura di Fabrizio Di Falco per basketinside.com – la foto del testo è tratta dalla Fanpage del Torneo Tosarello)